Conduce a mano la bici e viene travolto, c’è concorso di colpa. Mentre conduce a mano la bicicletta viene travolto da un’automobile e perde la vita. L’Assicurazione del veicolo viene condannata al ristoro dei danni patiti dai congiunti della vittima e la Cassazione conferma la sentenza di secondo grado che riconosceva alla vittima un concorso di colpa del 40%. (Cassazione civile, sez. III, 25/01/2024, n.2466).La vicenda La Corte d’Appello di Milano (in data 19/10/2020), pronunciandosi quale Giudice del rinvio a seguito di cassazione in sede di legittimità (con ordinanza n. 5819/2019), in accoglimento dell’appello proposto dai congiunti della vittima ha condannato la Axa Assicurazioni s.p.a. al risarcimento dei danni dagli stessi subiti in conseguenza del decesso del familiare verificatosi a seguito del sinistro stradale, in occasione del quale la vittima nel procedere a piedi conducendo a mano la propria bicicletta, veniva travolto dall’autovettura assicurata dalla Axa Assicurazioni. La Corte milanese ha evidenziato che, indipendentemente dalla rilevanza della direzione di marcia seguita dalla vittima che conduceva a mano la propria bicicletta in occasione del sinistro (se, cioè, procedente, o meno, nella stessa direzione dell’autovettura) ad entrambi i protagonisti del sinistro dovesse riconoscersi un concreto ruolo concausale nella produzione del fatto dannoso (seppure nella diversa percentuale identificabile nel 60% a carico del veicolo, e nel 40% a carico del pedone), con la conseguente liquidazione dei danni subiti nei limiti dell’accertato concorso colposo. L’intervento della Corte di Cassazione La sentenza di rinvio viene impugnata in Cassazione dai familiari del pedone. Viene lamentato, in sintesi, il concorso di colpa, il mancato esame della effettiva direzione di marcia tenuta dal pedone ed erronea ricostruzione della dinamica del sinistro, la errata liquidazione del danno parentale. Tutte le censure vengono respinte. La Corte di Appello ha esaminato attentamente la circostanza relativa alla direzione di marcia tenuta a piedi dalla vittima, la cui valutazione, secondo i ricorrenti, sarebbe stata asseritamente omessa. L’affermazione della Corte territoriale, secondo cui “l’accertamento di tale direzione di marcia della vittima doveva ritenersi sostanzialmente irrilevante ai fini della decisione”, costituisce una considerazione di tale fatto e, contestualmente, un giudizio della sua irrilevanza ai fini della decisione. Per tale ragione non vi è un difetto di motivazione. Secondo il consolidato orientamento della giurisprudenza, la mancanza di motivazione, quale causa di nullità della sentenza, va apprezzata, tanto nei casi di sua radicale carenza, quanto nelle evenienze in cui la stessa si dipani in forme del tutto inidonee a rivelare la ratio decidendi posta a fondamento dell’atto, poiché intessuta di argomentazioni fra loro logicamente inconciliabili, perplesse od obiettivamente incomprensibili. La motivazione della Corte territoriale è esistente ed anche articolata in modo tale da permettere di ricostruirne e comprenderne agevolmente il percorso logico, avendo dato conto, in termini lineari e logicamente coerenti, dei contenuti ascrivibili alle fonti di prova esaminate e del grado della relativa attendibilità sulla base di criteri interpretativi e valutativi dotati di piena ragionevolezza e congruità logica. L’erronea ricostruzione della qualità del rapporto parentale Per quanto concerne la asserita erronea ricostruzione della qualità del rapporto parentale, con particolare riguardo alla dedotta ingiustificata sporadicità e “non particolare intensità” della relazione affettiva, che sarebbe stata viceversa ricostruibile attraverso una più adeguata valutazione degli elementi di prova offerti e acquisiti agli atti del giudizio, la S.C. evidenzia la inammissibilità della censura. I ricorrenti, in concreto, hanno inteso denunciare l’omesso esame di fatti decisivi controversi tra le parti deducendo espressamente di non intendere dolersi della mancata ammissione dei capitoli di prova riprodotti in ricorso. Ciò posto, essendo destinati, i capitoli di prova richiamati (e non ammessi), a provare il ricorso delle circostanze di fatto asseritamente non considerate dal Giudice d’appello, e tenuto conto che unicamente il loro positivo esperimento avrebbe consentito l’introduzione di tali fatti nel processo, risulta evidente l’impossibilità di dolersi dell’omesso esame di fatti mai entrati nel processo, con la conseguente radicale inammissibilità della censura. Ad ogni modo, laddove i ricorrenti abbiano eventualmente inteso denunciare l’omesso esame di fatti decisivi (viceversa) positivamente acquisiti al giudizio, la censura deve egualmente ritenersi radicalmente inammissibile, essendo stato trascurato di circostanziare gli aspetti dell’asserita decisività della mancata considerazione, da parte della Corte di Milano, delle occorrenze di fatto asseritamente dalla stessa trascurate, e che avrebbero al contrario (in ipotesi) condotto a una sicura diversa risoluzione della controversia. Ricorso rigettato integralmente con condanna per i ricorrenti al pagamento delle spese di giudizio. Riferimenti: https://responsabilecivile.it/conduce-a-mano-la-bici-e-viene-travolto-ce-concorso-di-colpa/Articolo 6120 verificato al 2024-07-14 categoria: Giurisprudenza |