IL CASO DELLA VOLPE IN AUTOSTRADE: LA RESPONSABILITA\' DEL CUSTODE SI APPLICA SE MANCA LA DIMOSTRAZIONE DEL CASO FORTUITO. 1) La responsabilità ex art. 2051 cod. civ. per i danni cagionati da cose in custodia ha carattere oggettivo; perché essa possa, in concreto, configurarsi è sufficiente che l’attore dimostri il verificarsi dell’evento dannoso e del suo rapporto di causalità con il bene, salvo la prova del fortuito, incombente sul custode;2) Ove non sia applicabile la disciplina della responsabilità di cui all’art. 2051 cod. civ., per l’impossibilità in concreto dell’effettiva custodia del bene, l’ente proprietario risponde dei danni subiti dall’utente, secondo la regola generale dettata dall’art. 2043 cod. civ.. In questo caso graverà sul danneggiato l’onere della prova dell’anomalia del bene, mentre spetterà al gestore provare i fatti impeditivi della propria responsabilità , quali la possibilità in cui l’utente si sia trovato di percepire o prevedere con l’ordinaria diligenza la suddetta anomalia; 3) Allegata e dimostrata la presenza sulla corsia di marcia di un’autostrada di un animale di dimensioni tali da intralciare la circolazione, non spetta all’attore in responsabilità , sia nell’ambito della tutela offerta dall’art. 2051 cod. civ., sia alla stregua del principio generale del neminem laederem, di cui all’art. 2043 cod. civ., provarne anche la specie, la quale potrà semmai essere dedotta e dimostrata dal convenuto quale indice della ricorrenza di un caso fortuito. Cassazione, sez. III, 19 maggio 2011, n. 11016 (Pres. Trifone – Rel. Amendola) Svolgimento del processo I fatti di causa possono così ricostruirsi sulla base della sentenza impugnata. Con citazione notificata il 21 maggio 1999 A. A., in proprio e nella qualità di legale rappresentante di Doricart s.a.s., convenne in giudizio, innanzi al Tribunale di Lodi Autostrade per l’Italia s.p.a., chiedendo di essere i risarcito dei danni subiti a seguito di un sinistro verificatosi il 9 settembre 1998. Espose che quel giorno, mentre alla guida di un’autovettura di proprietà della società percorreva l’autostrada A/1 nel Comune di Livagra, in Provincia di Lodi, aveva avvistato una volpe ferma sulla sua corsia di marcia. Al fine di evitare l’impatto, aveva sterzato, andando così a collidere contro la rete di recinzione. Nell’urto aveva riportato i danni di cui veniva ora a chiedere il ristoro. La convenuta, costituitasi in giudizio, contestò l’avversa pretesa. Con sentenza del 16 luglio 2002 il giudice adito rigettò la domanda. Ritenne il decidente che alla fattispecie non potesse applicarsi il disposto dell’art. 2051 cod. civ. e che i fatti costitutivi della pretesa, scrutinati ex art. 2043 cod. civ. non erano stati dimostrati. Proposto gravame dal soccombente, la Corte d’appello di Milano, in data 4 ottobre 2005, lo ha respinto. In motivazione ha osservato il giudicante che le incertezze in ordine alle modalità del fatto non erano state superate. Segnatamente non era stato possibile appurare a quale specie appartenesse la bestia presente sulla carreggiata e, in particolare, se si fosse trattato di un cane o di una volpe, considerato che il mancato rinvenimento della carcassa nulla dimostrava in proposito. Né significativa era la nota dell’Ufficio Caccia di Lodi in ordine alla segnalata presenza di volpi nel Comune di Livagra. Avverso detta pronuncia propone ricorso per cassazione A. A. formulando quattro motivi. Resiste con controricorso, illustrato anche da memoria, Autostrade per l’Italia s.p.a.. Motivi della decisione 1.1 Col primo motivo l’impugnante denuncia mancanza assoluta di motivazione con riferimento alla necessità di stabilire a quale specie appartenesse l’animale presente sulla carreggiata, non avendo il giudice di merito chiarito le ragioni per le quali tale verifica fosse dirimente ai fini della soluzione della controversia. Evidenzia che la condotta di guida dell’A. sarebbe stata necessariamente identica, sia che si fosse trattato di una volpe, sia che si fosse trattato di un cane, mentre la società convenuta si era difesa sostenendo che la presenza di un animale nella sede stradale, indipendentemente dalla natura dello stesso, costituiva, in ogni caso, un fatto eccezionale e imprevedibile. 1.2 Col secondo mezzo il ricorrente lamenta violazione degli artt. 2051 e 2043 cod. civ., ex art. 360, n. 3, c.p.c.. La critica si appunta contro l’assunto del giudice di merito secondo cui la valutazione in ordine alla dedotta violazione dei doveri incombenti sul custode, non meno che del precetto generale del neminem laedere, non può essere condotta in astratto, ma in relazione a fatti concreti, di talché il preciso accertamento dell’accaduto era assolutamente essenziale ai fini del decidere. Così argomentando, il giudice di merito avrebbe violato le norme codicistiche richiamate, posto che la tutela da esse apprestata prescindeva dalla specie dell’animale che l’A. si era trovato improvvisamente davanti. Richiamati dettagliatamente gli esiti della compiuta istruttoria, evidenzia l’esponente come fosse assolutamente inconfutabile che l’attore, mentre si trovava sulla corsia di sorpasso dell’autostrada, aveva intercettato improvvisamente un animale simile a un cane di taglia media e dal pelo rossiccio. Considerato allora che il tratto di strada in questione era delimitato da una rete di recinzione alta appena un metro e sorretta da paletti metallici, era indiscutibile che la bestia, cane o volpe che fosse, si era introdotta nel percorso, scavalcando o comunque eludendo la protezione, di talché la sua presenza sulla carreggiata non poteva essere ascritta a caso fortuito. 1.3 Col terzo motivo l’impugnante deduce vizi motivazionali, ex art. 360, n. 5, c.p.c., con riferimento all’assunto della Corte territoriale secondo cui non era stato possibile appurare a quale specie appartenesse l’animale. Rileva che una più attenta valutazione della lettera dell’Ufficio Caccia della Provincia di Lodi, delle dichiarazioni rese dall’A. e della testimonianza del S. avrebbero dovuto indurre il decidente a ritenere dimostrata la presenza di una volpe. 1.4 Col quarto motivo denuncia vizio di motivazione con riferimento al mancato esame del Saracini in ordine all’avvistamento di una volpe da parte dell’autista di un camion rimasto sconosciuto. Secondo il ricorrente ingiustamente il mezzo istruttorie era stato ritenuto superfluo dal giudice di merito, sull’assunto che, secondo le deposizioni dei testi escussi, nessun camionista era stato rinvenuto sul posto, laddove ben poteva ciò essere accaduto primo dell’arrivo della polizia. 2 Le censure svolte nei primi due motivi di ricorso, che si prestano a essere esaminate congiuntamente per la loro evidente connessione, sono fondate. Queste le ragioni. 2.1 La tormentata elaborazione dei principi giuridici che governano la materia della responsabilità per danni cagionati da cose in custodia, ex art. 2051 cod. civ., è approdata, nella giurisprudenza di legittimità , alle seguenti affermazioni: la responsabilità prescinde dall’accertamento del carattere colposo dell’attività o del comportamento del custode e ha natura oggettiva, necessitando, per la sua configurabilità , del mero rapporto eziologico tra cosa ed evento; la responsabilità prescinde, altresì , dall’accertamento della pericolosità della cosa e sussiste in relazione a tutti i danni da essa cagionati, sia per la sua intrinseca natura, sia per l’insorgenza di agenti dannosi, essendo esclusa solo dal caso fortuito, che può essere rappresentato - con effetto liberatorio totale o parziale - anche dal fatto del danneggiato, avente un’efficacia causale idonea a interrompere del tutto il nesso causale tra cosa ed evento dannoso o da affiancarsi come ulteriore contributo utile nella produzione del pregiudizio (Cass. civ. 7 aprile 2010, n. 8229; Cass. civ. 19 febbraio 2008, n. 4279; Cass. civ. 5 dicembre 2008, n. 28811); - la radicale oggettivazione dell’ipotesi normativa, insita nella prospettiva adottata, che rende più congruo parlare di rischio da custodia (piuttosto che di colpa nella custodia) e di presunzione di responsabilità (piuttosto che di colpa presunta), comporta che la responsabilità in questione non esige, per essere affermata, un’attività o una condotta colposa del custode, di talché, in definitiva, il custode negligente non risponde in modo diverso dal custode perito e prudente, se la cosa ha provocato danni a terzi (Cass. civ. 19 febbraio 2008, n. 4279); - posto che funzione della norma è quella di imputare la responsabilità a chi, traendo profitto dalla cosa, si trova nelle condizioni e di doverne sopportare gli incommoda e di controllarne i rischi, deve considerarsi custode chi di fatto ne governa le modalità d’uso e di conservazione, e non necessariamente il proprietario; corollario di tale prospettiva è che ove, per l’estensione del bene, per l’uso generalizzato dello stesso da parte degli utenti o per qualsivoglia altra circostanza il potere di controllo sia oggettivamente impossibile, non vi è rapporto di custodia, e non vi è dunque margine per l’operatività dell’art. 2051 cod. civ.; segnatamente per i beni del demanio stradale, la possibilità in concreto della custodia va esaminata non solo in relazione all’estensione delle strade ma anche alle loro caratteristiche, alla posizione, alle dotazioni, ai sistemi di assistenza, agli strumenti che il progresso tecnologico di volta in volta appresta e che condizionano largamente anche le aspettative della generalità degli utenti; - in particolare, per le autostrade previste dall’art. 2 del vecchio e del nuovo C.d.S. (d.P.R. n. 393 del 1959 e d.lgs. n. 285 del 1982), per loro natura destinate alla percorrenza veloce in condizioni di sicurezza, l’apprezzamento relativo all’effettiva possibilità del controllo, alla stregua dei suddetti parametri, induce ad una conclusione in via generale affermativa e, dunque, a ravvisare la configurabilità di un rapporto di custodia per gli effetti di cui all’art. 2051 cod. civ. (conf. Cass. civ. 15384/2006, cit.; Cass. civ. 29 marzo 2007, n. 7763; Cass. civ. 2 febbraio 2007, n. 2308; Cass. civ. 13 gennaio 2003, n. 298; Cass. civ. 15 gennaio 2003, n. 488); - ove vi sia rapporto di custodia, la responsabilità ex art. 2051 cod. civ. è esclusa, come si diceva innanzi, solamente dal caso fortuito, che è qualificazione incidente sul nesso causale e non sull’elemento psicologico dell’illecito, e che individua un fattore riconducibile a un elemento esterno, avente i caratteri dell’imprevedibilità e dell’inevitabilità (confr. Cass. civ. 7 luglio 2010, n. 16029; Cass. civ. 19 febbraio 2008, n. 4279; Cass. civ. 6 luglio 2006, n. 15384); - al danneggiato compete provare l’esistenza del rapporto eziologico tra la cosa e l’evento lesivo: più nello specifico, ricordato che la responsabilità presunta per danni da cose in custodia è configurabile anche con riferimento ad elementi accessori, pertinenze inerti e qualsivoglia altro fattore che, a prescindere dalla sua intrinseca dannosità o pericolosità , venga a interferire nella fruizione del bene da parte dell’utente, la prova che il danneggiato deve dare, anche a mezzo di presunzioni, consiste nella dimostrazione del verificarsi dell’evento dannoso e del suo rapporto di causalità con il bene in custodia; spetta invece al custode provare l’esistenza di un fattore estraneo alla sua sfera soggettiva, idoneo a interrompere quel nesso causale (confr. Cass. civ. 2 febbraio 2007, n. 2308). 2.2 Ove l’oggettiva impossibilità della custodia, renda inapplicabile l’art. 2051 cod. civ., la tutela risarcitoria del danneggiato rimane affidata esclusivamente alla disciplina dell’art. 2043 cod. civ., norma che non limita affatto la responsabilità dell’ente proprietario della strada per danni conseguenti all’utilizzo della stessa da parte del soggetto danneggiato alle sole ipotesi di esistenza di un pericolo occulto (c.d. insidia o trabocchetto). Conseguentemente, secondo i principi che governano l’illecito aquiliano, graverà sul danneggiato l’onere della prova dell’anomalia del bene, che va considerata fatto di per sé idoneo - in linea di principio; - a configurare il comportamento colposo della P.A., mentre spetterà a questa dimostrare i fatti impeditivi della propria responsabilità , quali la possibilità in cui l’utente si sia trovato di percepire o prevedere con l’ordinaria diligenza la suddetta anomalia o l’impossibilità di rimuovere, adottando tutte le misure idonee, la situazione di pericolo (confr. Cass. 6 luglio 2006, n. 15383; Cass. civ. 15384/2006 cit.). Non è superfluo aggiungere che siffatto ordine di idee ha a suo tempo ricevuto il significativo avallo della Corte costituzionale la quale, chiamata a scrutinare la conformità con gli artt. 3, 24 e 97 della Costituzione degli artt. 2051, 2043 e 1227 cod. civ., ha ritenuto infondato il dubbio proprio in ragione della aderenza ai principi della Carta fondamentale del nostro Stato dell’interpretazione affermatasi nella giurisprudenza di legittimità (confr. Corte cost. n. 156 del 1999). 3.1 Venendo al caso di specie, deve ritenersi errata in diritto, oltre che assolutamente carente e incongrua sul piano motivazionale, la sentenza impugnata che, come esplicitato innanzi, ha ritenuto l’iter decisorio condizionato, sul piano logico - giuridico, dalla determinazione della specie dell’animale che si era frapposto alla marcia della vettura dell’appellante (confr. pag. 4 della sentenza) e, posto il relativo onere probatorio a carico dell’attore in responsabilità , ha mandato assolta la convenuta società Autostrade dalle istanze del soggetto leso. Non par dubbio infatti che, sotto il profilo dell’art. 2051 cod. civ., spettasse all’A. dimostrare il nesso causale tra cosa in custodia e danno, e cioè la dipendenza eziologica dei pregiudizi riportati dalla sua autovettura per effetto della presenza sulla carreggiata di un quadrupede che, considerate le caratteristiche proprie dell’autostrada, l’automobilista aveva ragione di non attendersi; mentre incombeva sulla controparte dare la prova del fortuito, in sostanza deducendo che trattavasi di animale la cui presenza doveva considerarsi imprevedibile e inevitabile, in tale prospettiva, se del caso, valorizzandone e dimostrandone essa stessa la specie, ovvero rapportandone la presenza a fatti, quali ad esempio il taglio vandalico della rete di recinzione, che non era stato possibile riparare con un intervento tempestivo. 3.2 E parimenti, ove non si fosse ritenuta applicabile la disciplina dell’art. 2051 cod. civ., per l’impossibilità in concreto di custodire effettivamente il bene, data dall’utente la prova dell’anomala presenza di un animale sulla sede stradale, spettava alla società Autostrade provare i fatti impeditivi della propria responsabilità , quali la possibilità in cui l’utente si era trovato di percepire o prevedere con l’ordinaria diligenza la suddetta anomalia. 4. Deriva da tanto che, in accoglimento dei primi due motivi di ricorso, assorbiti gli altri, la sentenza impugnata deve essere cassata con rinvio, anche per le spese del giudizio di cassazione, alla Corte d’appello di Milano, in diversa composizione, che, nel decidere, sì atterrà ai seguenti principi di diritto: 1) la responsabilità ex art. 2051 cod. civ. per i danni cagionati da cose in custodia ha carattere oggettivo; perché essa possa, in concreto, configurarsi è sufficiente che l’attore dimostri il verificarsi dell’evento dannoso e del suo rapporto di causalità con il bene, salvo la prova del fortuito, incombente sul custode; 2) ove non sia applicabile la disciplina della responsabilità di cui all’art. 2051 cod. civ., per l’impossibilità in concreto dell’effettiva custodia del bene, l’ente proprietario risponde dei danni subiti dall’utente, secondo la regola generale dettata dall’art. 2043 cod. civ.. In questo caso graverà sul danneggiato l’onere della prova dell’anomalia del bene, mentre spetterà al gestore provare i fatti impeditivi della propria responsabilità , quali la possibilità in cui l’utente si sia trovato di percepire o prevedere con l’ordinaria diligenza la suddetta anomalia; 3) allegata e dimostrata la presenza sulla corsia di marcia di un’autostrada di un animale di dimensioni tali da intralciare la circolazione, non spetta all’attore in responsabilità , sia nell’ambito della tutela offerta dall’art. 2051 cod. civ., sia alla stregua del principio generale del neminem laederem, di cui all’art. 2043 cod. civ., provarne anche la specie, la quale potrà semmai essere dedotta e dimostrata dal convenuto quale indice della ricorrenza di un caso fortuito. P.Q.M. LA CORTE accoglie i primi due motivi di ricorso, assorbiti gli altri. Cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del giudizio di cassazione, alla Corte d’appello di Milano in diversa composizione. 0 Articolo 541 verificato al 2023-05-13 categoria: Giurisprudenza |